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Quando Matilde trovò la sua libertà

  • Immagine del redattore: MammaFantasia
    MammaFantasia
  • 22 gen
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 5 mar


Quando Matilde trovò la sua libertà
Quando Matilde trovò la sua libertà

Matilde era una bambina dolce e vivace, con grandi occhi curiosi e una passione per il disegno. Ma c’era qualcosa che non la faceva smettere di preoccuparsi: ogni volta che si trovava ad affrontare un momento difficile o stressante, sentiva un’irresistibile bisogno di grattarsi braccia e gambe. Lo faceva senza farsi notare troppo, ma le croste e le cicatrici restavano lì, come piccole tracce dei suoi pensieri più agitati.


Matilde amava giocare a pallavolo, ma ogni volta che indossava la divisa della squadra, si sentiva vulnerabile. Gli sguardi dei compagni e degli adulti le facevano abbassare lo sguardo. I suoi genitori, confusi e preoccupati, le suggerivano di indossare maglie a maniche lunghe o pantaloni, anche se la divisa ufficiale non lo permetteva.


Un giorno, mentre passeggiava nel parco, Matilde si sedette sotto un grande albero con il suo quaderno da disegno. Mentre tracciava linee sottili con la matita, non si accorse che accanto a lei si era seduta una vecchietta con un grande cappello fiorito e un sorriso gentile.

"Che bei disegni, bambina mia," disse la signora, osservando con attenzione i fogli di Matilde. "Sembra che tu riesca a mettere i tuoi pensieri sulla carta."


Matilde arrossì e cercò di coprire le braccia con il quaderno, ma la signora notò il suo gesto.

"Non devi nasconderti, sai? Anche io ho delle cicatrici," disse, mostrando con naturalezza una mano segnata da piccole linee argentate.


Matilde la guardò incuriosita. "Davvero? E non ti danno fastidio?"

La vecchietta scosse la testa sorridendo. "No, cara. Le mie cicatrici sono parte della mia storia, proprio come le tue. Ogni segno ha qualcosa da raccontare. Ti va di raccontarmi la tua storia?"


Matilde esitò, poi si lasciò andare. Raccontò di come si sentiva sopraffatta prima delle partite o dei compiti difficili a scuola e di come grattarsi fosse l’unica cosa che sembrava calmarla. Ma odiava le conseguenze, le croste, e il fatto che i suoi genitori non sapessero come aiutarla.


La signora ascoltò attentamente. "Sai," disse alla fine, "quando ero una bambina, anche io avevo le mie preoccupazioni. Mi sentivo così piena di emozioni che non sapevo come liberarmene. Ma ho scoperto che potevo trasformarle in qualcosa di bello. Tu ami disegnare, giusto? Ogni volta che senti arrivare quella voglia di grattarti, prova a fermarti e disegna quello che provi. Anche solo un piccolo scarabocchio."


Da quel giorno, Matilde iniziò a portare sempre con sé un quaderno e una matita. Quando l’ansia la assaliva, invece di grattarsi, disegnava. Non era facile all’inizio, ma con il tempo le sue cicatrici divennero meno visibili e, soprattutto, il suo sorriso tornò a splendere.


Alla partita finale della stagione, Matilde scese in campo con la sua divisa. Le braccia e le gambe portavano ancora qualche segno, ma per la prima volta non cercò di nasconderli. Giocò con tutto il cuore e, quando fece il punto decisivo, il suo viso si illuminò di gioia. I suoi genitori la guardarono con orgoglio, capendo che non avevano più nulla da temere: la loro Matilde aveva trovato la sua forza.


Quella sera, tornata a casa, Matilde disegnò un grande giardino pieno di fiori colorati. In mezzo al giardino c’era una bambina con un pallone da pallavolo e un sorriso radioso. Capì che le sue cicatrici erano solo una parte della sua storia, una storia che meritava di essere raccontata.


Morale: Ogni segno del nostro corpo o del nostro cuore è parte di chi siamo. Con pazienza e amore, possiamo trasformare le nostre fragilità in qualcosa di speciale.


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