Giada e la stanza dei libri sussurranti
- MammaFantasia
- 27 apr
- Tempo di lettura: 2 min

Giada aveva sei anni e una passione tutta sua: le storie antiche. Le piacevano i racconti della nonna, le fiabe del passato e quei misteriosi oggetti che parlavano di tempi lontani. Un giorno, durante una gita con la scuola, visitò un museo davvero speciale: il Museo Demoetnoantropologico.
C'erano stanze piene di utensili, vestiti di una volta, fotografie in bianco e nero e oggetti misteriosi che venivano dal passato. Giada camminava piano, osservando tutto con occhi curiosi. Ma quando la classe proseguì verso la sala delle ceramiche, lei vide una porta socchiusa con una targhetta scolorita: “Stanza non accessibile al pubblico”.
Qualcosa dentro di lei sussurrava:
“Giada... entra…”
Spinse piano la porta e si trovò in una sala polverosa ma incantevole. Gli scaffali erano colmi di vecchi libri, quaderni consumati, alfabetieri illustrati, e perfino penne stilografiche e calamai.
All’improvviso, una vocina sottile si levò nell’aria:
“Finalmente sei arrivata…”
Giada spalancò gli occhi. I libri... parlavano!
Non a voce alta, ma sussurravano, come se raccontassero segreti custoditi da anni.
Uno di loro cadde a terra, aprendosi su una pagina piena di disegni colorati. Era un diario.
“Apparteneva a Lucia, una bambina come te,” disse un libro con la copertina verde. “Ogni bambino che ha studiato qui ha lasciato un pezzo della sua storia.”
Giada sfogliò pagine e pagine, leggendo poesie scritte a mano, problemi di matematica, lettere d’amicizia. Era come viaggiare nel tempo.
Poi trovò un quaderno con una pagina bianca e una matita accanto.
“Posso scrivere anch’io?”
“Certo,” rispose una voce gentile. “Così un giorno un altro bambino troverà la tua storia.”
Giada scrisse il suo nome, disegnò i suoi stivaletti rossi e raccontò della stanza segreta nel museo. Quando posò la matita, la pagina brillò appena. Era entrata anche lei nella memoria viva del museo.
Quando tornò nella sala principale, nessuno sembrava essersi accorto della sua assenza. Ma Giada sapeva una cosa: i libri del passato l’avevano scelta, e ora anche la sua voce faceva parte di quel sussurro antico che vive nei musei.
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