Camillo e la verità a colori
- MammaFantasia
- 18 gen
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 5 mar

C'era una volta, nella rigogliosa foresta di Smeraldo, un giovane camaleonte di nome Camillo. Era noto per il suo aspetto straordinario: la sua pelle cambiava colore a seconda delle emozioni che provava. Verde brillante quando era felice, blu sereno quando era rilassato e un acceso arancione quando si sentiva nervoso o in difficoltà. Ma Camillo aveva un problema: parlava spesso senza pensare, e le sue parole uscivano come un fiume in piena, senza freni. Spesso inventava storie che non corrispondevano alla verità, e questo lo stava allontanando dagli altri.
Una mattina luminosa, Camillo si unì ai suoi amici, Leandro il lemure e Nina il colibrì, per giocare nella radura. Leandro, sempre pronto a saltare da un ramo all’altro, si fermò per chiedergli: "Camillo, hai portato la tua nuova palla?"
Camillo si bloccò. La palla era rimasta a casa, ma non voleva ammetterlo. Così disse:
"Un’aquila gigante l’ha portata via!"
Gli occhi di Nina si spalancarono. "Un’aquila gigante? Davvero?" chiese con il suo vocino acuto.
"Sì, era enorme! È volata sopra il mio albero e ha afferrato la palla con i suoi artigli!" rispose Camillo, mentre la sua pelle diventava di un arancione brillante.
Gli amici, incuriositi e preoccupati, si misero a cercare l’aquila. Dopo ore di ricerche inutili, tornarono stanchi e delusi. Leandro lo fissò con aria severa:
"Camillo, hai mentito. Non c’è nessuna aquila."
Camillo si sentì stringere il cuore. Invece di scusarsi, cercò di difendersi: "Forse l’aquila è... invisibile!"
Ma questa volta i suoi amici non gli credettero. Nina scosse le ali e volò via, mentre Leandro saltò su un ramo senza voltarsi. Camillo rimase solo, con la pelle di un arancione spento e il cuore pesante.
Nei giorni seguenti, Camillo si accorse che gli altri animali lo evitavano. Leandro e Nina non lo cercavano più per giocare, e anche i suoi genitori erano preoccupati. "Camillo, sembri triste," disse la mamma un pomeriggio.
"Non importa," rispose Camillo, arrampicandosi sul ramo più alto del suo albero per stare da solo.
Con il passare del tempo, la sua pelle cambiava colore sempre meno spesso. Rimaneva di un arancione spento, come se riflettesse il suo stato d’animo. Camillo si sentiva intrappolato, incapace di uscire dal ciclo delle bugie e della solitudine.
Una sera, mentre vagava da solo nella foresta, Camillo incontrò un vecchio camaleonte di nome Alberto. Alberto aveva la pelle sfumata di blu e verde, come se portasse dentro di sé tutta la calma della natura.
"Che succede, piccolo?" chiese Alberto, notando l’arancione opaco di Camillo.
Camillo si sedette accanto a lui e raccontò tutto: le bugie, la rabbia degli amici e il senso di vuoto che provava. Alberto ascoltò con attenzione e poi disse:
"Sai, Camillo, ogni bugia è come un colore sbagliato che dipinge la tua anima. Se vuoi tornare al tuo colore naturale, devi imparare a dire la verità. Non è sempre facile, ma è l’unico modo per sentirsi liberi."
Camillo abbassò lo sguardo. "Ma cosa succede se gli altri non mi perdonano?"
"Non tutti lo faranno subito," rispose Alberto, "ma la verità è come un seme: ha bisogno di tempo per crescere e fiorire."
Le parole di Alberto rimasero con Camillo per tutta la notte. Non riusciva a dormire, ma dentro di sé sentiva un piccolo barlume di speranza.
Il giorno dopo, Camillo trovò il coraggio di andare dai suoi amici. Si avvicinò a Leandro e Nina con la pelle tremolante tra l’arancione e un timido verde. "Mi dispiace," disse. "Non c’è mai stata un’aquila gigante. Ho inventato tutto perché avevo dimenticato la palla e avevo paura che vi arrabbiaste."
Leandro si grattò la testa, pensieroso, mentre Nina sbatteva le ali in silenzio. Per un momento, Camillo temette il peggio, ma poi Nina sorrise: "Grazie per avercelo detto. È importante sapere che possiamo fidarci di te."
"Ma la prossima volta, dillo subito," aggiunse Leandro. "Siamo tuoi amici, non ti giudicheremo."
Camillo sentì il cuore alleggerirsi. La sua pelle si accese di un verde luminoso, come le foglie della foresta bagnate dalla pioggia. Era una sensazione che non provava da tempo, come se la sua vera natura stesse tornando a splendere.
Da quel giorno, Camillo decise di impegnarsi a essere sincero. Non sempre era facile: a volte una bugia gli scappava, ma imparò a riconoscerla e a correggersi subito. Scoprì che la verità non solo lo faceva sentire più libero, ma rafforzava i legami con gli altri.
Con il tempo, il suo arancione svanì quasi del tutto, sostituito da un verde splendente, simbolo della fiducia e dell’onestà. Camillo capì che non era perfetto, ma che poteva migliorare, un passo alla volta, e che il colore più bello era quello della sua vera essenza.
Morale della storia
Dire la verità richiede coraggio, ma costruisce relazioni autentiche e durature. Camillo ha imparato che anche gli errori possono portare a un cambiamento positivo, se affrontati con sincerità. Essere sé stessi, con i propri pregi e difetti, è il dono più grande che possiamo fare agli altri e a noi stessi.
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